Terradamare organizza le visite a Palazzo Drago Ajroldi durante aperture straordinarie (serali o domenicali)
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Il palazzo nobiliare tra i Quattro Canti e la Cattedrale di Palermo
Tra le dimore nobiliari settecentesche più interessanti della città, custode di pregevoli opere d’arte e di storiche stratificazioni.
Infatti, pur appartenendo dal 1714 a Casimiro Drago, presidente del Concistoro, per la sua posizione, l’antico asse di Corso Vittorio Emanuele e la presenza del pozzo arabo palesano le numerose trasformazioni subite dall’edificio.
Nel XIX secolo, quando diviene di proprietà dei Marchesi Airoldi di Santa Colomba, il palazzo viene nuovamente riformulato, secondo i gusti artistici più in voga del tempo, passando dal barocco ad un gusto eclettico-classicheggiante.
Salendo, ci si lascia trasportare dalla magnificenza dei saloni, distribuiti ad enfilade, sia per gli splendidi affreschi, che per gli arredi, esempi pregevoli degli usi della nobiltà siciliana.
Al suo interno sono presenti opere di Olivio Sozzi, tra i più noti artisti della città, che assorbirà nella sua poetica la lezione del classicismo romano, si cimenterà in un’eccezionale opera dal gusto profano in cui raffigurerà Zeus che dà a Hermes una mela d’oro destinata a Paride.
In un’altra sala, quello che probabilmente, viste le dimensioni era il salone principale, sono presenti tre dipinti di Francesco LoJacono, il pittore che esplorò nelle sue opere la gioia e i colori e la luce della natura e dei paesaggi.
Il liberty di Ettore De Maria Bergler sarà protagonista di una sala, dove nella volta, tra mezze lune dai toni caldi, vi si affaccia un’umanità briosa e variegata composta da cantori, giovani donne e fanciulli
Come in un libro, con diversi protagonisti, Palazzo Drago dispiega la leggiadria dei cieli settecenteschi, la magnificenza dei decori baroccheggianti, l’intensità dei colori della seconda metà del 1800 nella Palermo felicissima che i grandi viaggiatori hanno ammirato.
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Palazzo Drago Airoldi di Santi Colomba è annoverabile, per posizione e sviluppo, tra le dimore storiche siciliane più interessanti del Cassaro.
L’edificio sorge su preesistenze arabe e romane, e la sua stessa collocazione deve essere stato un fatto condizionante per la sua formulazione architettonica ,infatti, è un luogo di prestigio e di forte impatto urbanistico, capace di contenere elementi artistici di altissima qualità.
Non si conosce la data esatta dell’edificazione del palazzo, né il nome dell’architetto, oggi è la somma di diverse riedificazioni e ampliamenti.
Il palazzo è distribuito attorno ad un’ampia corte e comprende quattro elevazione, incluse le scuderie ed il piano nobile.
Sul prospetto è visibile l’unico elemento relativo al periodo tardo barocco, con lo stemma della famiglia, raffigurante il drago, incorniciato da ampie volute, elemento figurativo colmo di significati simbolici che ricorre in vari punti del palazzo stesso, tra le volte delle sale e gli elementi decorativi.
Dal 1714 appartiene alla famiglia Drago, che tra i suoi membri vanta la figura di Casimiro, presidente del Concistoro e Casimiro Secondo, detto l’erudita.
A questo periodo sono ascrivibili gli elementi artistici presenti nelle prime due sale, dette dell’Incarico e del Giudizio, ed attribuiti ad Olivio Sozzi.
Nei due affreschi, eccezionali, poiché raramente il pittore si ingegnerà in opere di ambito profano, vi è raffigurato, in due scene distinte, il giudizio di Paride, tra le divinità protagoniste del celebre racconto mitologico, nello specifico Era, Atena, Afrodite.
Nel primo, nello specifico, vi è raffigurato Zeus che dialoga con Mercurio per dare a Paride l’incarico di giudicare chi tra le dee sia effettivamente la più bella e nel livello inferiore le divinità protagoniste del racconto in attesa, mentre nel secondo salone, vi è raffigurato il momento in cui Paride sceglie Afrodite,scatenando l’ira di Era e la rassegnazione di Atena, nel registro inferiore, in questo caso, fanno da contraltare dei musici pastori di richiamo rococò.
Nel XIX secolo il Palazzo passa per via dotale agli Airoldi, marchesi di Santa Colomba, e si apportano modifiche sostanziali al prospetto esterno e all’interno.
Il progetto di restauro del 1872 è di Giovan Battista Filippo Basile, che stravolge l’edificio per intonarlo al gusto eclettico classicheggiante allora in voga.
Gli elementi figurativi che si dispiegano tra i saloni, distribuiti a enfilade, sono ascrivibili alla leggiadria del mondo dell’arte liberty, difatti, vi è la sala che un tempo fu utilizzata per i pranzi, in cui troviamo, tra vividi elementi elementi ornamentali che riproducono grappoli d’uva, una fascia pittorica che riproduce piatti Imari in cui spicca l’effetto tridimensionale e cromatico.
A fianco ad essa, vi è una piccola saletta, oggi adibita a studio, con memorie dei primi anni del ‘900, dove durante i restauri è stato rinvenuto un affresco, probabilmente ascrivibile all’edificazione originale, e dove vi sono raffigurati i bimbi del limbo, proprio per il soggetto in questione, non vi sono elementi specifici, ma forte una stilizzazione del soggetto, tra le destinazioni d’usa di questa sala vi è la possibilità che fosse adibita come sala dei paggi.
La successiva sala è quella che precede la sala di maggiore rappresentanza, differente anche per le dimensioni e che prospetta direttamente sulla principale via in cui si trova la dimora, ma in essa, sulla volta vengono raffigurate menadi, sileni e amorini alati e , al centro, leggiadre donne che diffondono fiori.
Al di là del notevole impatto estetico, ciò che sorprende sono anche le suppellettili e l’abito originale della divina, Eleonora Duse, che per un breve periodo visse nel palazzo, inoltre, un ritratto di scuola boldiniana sottolinea l’antica fascino e il carisma della donna che ha rivoluzionato il teatro italiano.
Nella sala neoclassica, si resta incantati dal prezioso perimetro murario, caratterizzato da motivi damasco, colore oro su fondo bruno, fino alla volta dove un’imponente cornice pittorica, con membrature architettoniche, alcune in leggero rilievo, altre con effetto trompe l’oeil, intercalate da decorazioni a medaglioni e da motivi calligafici-naturalistici, pongono in evidenza la bellissima donna che si staglia su un cielo limpido.
Sempre nella stessa sala, inoltre, sono state collocate tre tele di Francesco Lo Iacono, artista denominato il ladro del sole, che con i suoi colori e la sua luce, ha reso celebre la bellezza dei paesaggi siciliani.
L’ultima sala fu decorata da Ettore de Maria Bergler, considerato tra i maggiori artisti della pittura liberty, allievo di Lo iacono e Leto.
Come un regista, l’artista ha dispiegato, tra tonalità calde e moresche, tutta la vivacità del genere umano, gruppi di fanciulli, donne, musici, anziani, affacciati dalle balconate a forma di mezze lune.
Dal 2003, il palazzo appartiene alla famiglia Bertolino, mecenati sensibili, che nelle diverse sale hanno distribuito suggestive tele del Patania, Carracci, tele del Novelli, pregevoli tavole senesi e arredi antichi.