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Chiesa di San Matteo e Mattia al Cassaro di Palermo

Ricordata come la chiesa delle cento messe, mirabile esempio di barocco palermitano, è interamente affrescata da Vito D\\\’Anna. Secondo la leggenda, nasconde uno degli accessi utilizzati dai Beati Paoli. La chiesa di San Matteo al Cassaro custodisce opere di Giacomo Serpotta, Vito D’Anna e Pietro Novelli

La chiesa dei SS. Matteo e Mattia Apostoli di Palermo, conosciuta dai più come San Matteo al Cassaro, è un mirabile esempio di barocco palermitano datato 1632 c.a.
Tuttavia, la prima chiesa dedicata al Santo risale ad epoca normanna (1100 d.C.), ed era ubicata esattamente di fronte l’attuale; la struttura originaria venne in seguito inglobata all’interno del complesso monasteriale di Santa Caterina d’Alessandria.

La storia di San Matteo

Lgata a doppio filo con quella di fra Leonardo Galici, terziario dell’Ordine dei Minori Osservanti, uomo pio e di grande fede, che nel 1599, mosso a pietà della condizione degli indigenti della città, decise di occuparsene fondando di concerto, una confraternita, o Unione: i Miseremini. Ben presto essi ebbero grande seguito, anche perché, oltre alla salvezza dei corpi mortali, volsero la loro carità e le loro preghiere verso le anime del Purgatorio.
È proprio in questa fase di crescita esponenziale di accoliti, che si registra la nascita del nuovo edificio. Esattamente di fronte l’antica chiesetta, sorgevano delle case private, di proprietà di un Giureconsulto palermitano: don Mario Muta. I Miseremini, che vivevano di questua, chiesero che venisse loro fatta una donazione affinché potesse erigersi un nuovo luogo sacro, più spazioso del precedente. La leggenda narra che Mario Muta, inizialmente, non volle saperne. Ma dopo aver sognato la propria anima tra le fiamme del Purgatorio, e dunque temendo per la stessa, acconsentì al lascito.

Dunque a partire dal 1632, su progetto, tra gli altri, dell’architetto del Senato palermitano Mariano Smiriglio, ebbe inizio il grande cantiere dell’attuale San Matteo, ubicata sul Cassaro a pochi metri dal Teatro del Sole, o piazza Vigliena. I lavori di costruzione andarono avanti per circa un trentennio, almeno per ciò che riguarda l’architettura del luogo: l’ultima pietra viene infatti posizionata intorno al 1663. Tuttavia ciò non distolse l’Unione dei Miseremini dall’utilizzo del sacro Tempio ancor prima del suo completamento: nel 1647 infatti, la chiesa veniva ufficialmente consacrata dall’Arcivescovo Ferdinando Andrada y Castro.[fusion_button link=\\\”https://www.terradamare.org/eventi/\\\” title=\\\”Monumenti di Palermo, manifestazioni, Tour a Palermo e visite serali con Terradamare\\\” target=\\\”_blank\\\” link_attributes=\\\”\\\” alignment=\\\”center\\\” modal=\\\”\\\” hide_on_mobile=\\\”small-visibility,medium-visibility,large-visibility\\\” class=\\\”\\\” id=\\\”\\\” color=\\\”custom\\\” button_gradient_top_color=\\\”#54b9bf\\\” button_gradient_bottom_color=\\\”#54b9bf\\\” button_gradient_top_color_hover=\\\”rgba(196,143,90,0.81)\\\” button_gradient_bottom_color_hover=\\\”rgba(196,143,90,0.81)\\\” accent_color=\\\”#ffffff\\\” accent_hover_color=\\\”#ffffff\\\” type=\\\”flat\\\” bevel_color=\\\”\\\” border_width=\\\”\\\” size=\\\”large\\\” stretch=\\\”yes\\\” shape=\\\”\\\” icon=\\\”\\\” icon_position=\\\”left\\\” icon_divider=\\\”no\\\” animation_type=\\\”\\\” animation_direction=\\\”left\\\” animation_speed=\\\”0.3\\\” animation_offset=\\\”\\\”]CONSULTA I NOSTRI EVENTI CULTURALI[/fusion_button]

La chiesa dei SS. Matteo e Mattia Apostoli di Palermo – foto: comune di palermo

L\\\’architettura

Da un punto di vista architettonico, San Matteo ha una pianta a croce latina, e si compone di una navata centrale fiancheggiata, ai lati, da colonnati con archi a tutto sesto realizzati in marmo di billiemi, che la dividono in due navatelle laterali. Lungo queste ultime, si ritrovano cinque cappelle per ogni lato, che unite alle due cappelle maggiori del transetto, costituiscono un corpus di dodici cappelle totali. È interessante notarlo in quanto, originariamente, tutte le cappelle erano consacrate, e ciò, unito alla grande devozione che aleggiava attorno al culto delle anime purganti, fece sì che San Matteo venisse ricordata ai posteri come “chiesa delle cento messe”, dal momento che venivano officiate un numero complessivo di cento messe giornaliere in suffragio delle anime del Purgatorio.
Dato l’enorme consenso raggiunto, non si poté non chiamare in causa le maggiori personalità artistiche del periodo, tra le quali spiccano i nomi di Giacomo Serpotta, Vito D’Anna e Pietro Novelli, che ancor oggi impreziosiscono l’interno della struttura.

Cripta della chiesa di San Matteo al Cassaro

La cripta di San Matteo si estende all’incirca per 36 m, ed è ubicata esattamente sotto la navata centrale della soprastante chiesa.
Nasce nella prima metà del ‘700, per volontà dell’Unione dei Miseremini, come loro personale luogo di sepoltura; essa era infatti un luogo privato, a loro uso esclusivo. Il pavimento in maioliche originali, ad oggi purtroppo fortemente deturpato, lascia spazio ai lati ai loculi, posizionati all’interno dei cosiddetti armadi funebri, i quali accolgono più o meno duecento posti.
Tali loculi, realizzati in pietra e muniti di poggiacapo, sono caratterizzati da una pendenza, che risulta essere più o meno accentuata in base alla posizione della sepoltura: i loculi più vicini al pavimento sono meno inclinati rispetto a quelli più vicini alla sommità.
Questa pendenza era funzionale al riconoscimento visivo del proprio congiunto, per coloro che andavano a riverirlo secondo l’uso atavico del culto dei morti, e non, come si è erroneamente creduto, per lo scolo dei liquidi corporei. I corpi venivano adagiati sui loculi dopo aver subìto il processo di essiccamento, probabilmente previo alloggiamento sui colatoi, ad oggi non visibili, posti all’interno di una camera a parte, che oggi risulta murata.

Sul fondo della cripta è ancor oggi visibile il vano dell’antico altare, non più esistente, utilizzato per la recita dell’ufficio dei defunti nonché per le messe. Secondo le fonti, anche alcuni ospiti illustri trovarono il riposo eterno tra queste mura: è il caso di Giacomo Serpotta, confrate ad honorem dell’Unione dei Miseremini, per sua espressa volontà testamentaria, ma anche Vito D’Anna ed Olivio Sozzi, maestri che lavorarono alla realizzazione della chiesa. In seguito all’emanazione dell’editto napoleonico di Saint Cloud del 1804, giunto in Sicilia nel 1806, che interdiva il seppellimento dei defunti all’interno del perimetro delle antiche mura cittadine, naturalmente per motivi igienici e per favorire la nascita dei cimiteri extra moenia, tutte le cripte interessate vennero svuotate, e i corpi, nella maggior parte dei casi, traslati nelle fosse comuni.

Secondo la leggenda, fra gli armadi lignei della Sacrestia, il genuflessorio maschera una porta che nasconderebbe il leggendario accesso dei Beati Paoli descritto da Luigi Natoli nel suo libro, in cui Don Girolamo, importante membro della setta segreta, così come il sacrestano della chiesa, assumendo un\\\’espressione di umiltà e compunzione, organizzava le riunioni.

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NEL VENTRE DI PALERMO – IL MITO DEI BEATI PAOLI
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Opere di Giacomo Serpotta

Le sue inconfondibili Virtù, tuttavia qui presentate in atteggiamenti più casti e dimessi, coronano l’abside della chiesa.
Alla sinistra del presbiterio troviamo la Giustizia, con l’inconfondibile scimitarra, mentre sulla destra abbiamo la Penitenza, con la croce e il giogo come attributi iconografici.
Speculari ad esse, si ritrovano, tuttavia non del maestro Serpotta, ma di un suo allievo, Bartolomeo Sanseverino, la Carità, con il bambino in braccio in atto di allattarlo, il cuore in mano e la fiamma sulla testa, e la Speranza con l’àncora, dalla quale il famoso detto: ancorarsi alla speranza.
Altra opera maxima del Serpotta maturo, è l’altorilievo che troneggia sulla controfacciata, sopra il portale d’ingresso. In esso è ravvisabile Cristo, assiso su una nube, che prende da una piccola cassetta che gli porge l’angelo alla Sua sinistra, delle offerte, la questua, raccolta dall’Unione dei Miseremini, protetti dalle ali di quest’ultimo. Tali offerte, tra le mani di Cristo, si trasformano in rose, che Egli stesso porge alle anime del Purgatorio tra le fiamme, posizionate alla Sua destra. Un’opera dunque dal valore salvifico e catechetico, che instaura un dialogo perfetto con l’affresco della volta della navata centrale, capolavoro di Vito D’Anna.

Opere di Vito D’Anna

L’intera San Matteo, eccezion fatta per l’ambiente della sacrestia, è affrescata dalla splendida mano di Vito D’Anna, pittore rococò tra i più importanti del panorama palermitano.
La volta della navata centrale accoglie il “Trionfo delle anime purganti”, le quali ascendono, finalmente liberate dalla loro prigionia, verso il Cielo, dove ad attenderle troviamo la Trinità e la Vergine Maria. Ascesa che avviene sotto l’intercessione dei Santi titolari, posizionati all’interno di piccole quadrature della volta.
Per quanto riguarda il cupolone invece, troviamo il “Trionfo di Maria”, nel quale la Vergine, inclusa all’interno di un moto vorticoso di schiere angeliche, raggiunge idealmente il Paradiso, simboleggiato dalla colomba dello Spirito Santo realizzata nell’occhio centrale della cupola. Sempre del Maestro, gli affreschi sulle volte delle cappelle del transetto, rispettivamente sulla destra, la “Cacciata dei Progenitori dal Paradiso e il Cristo Riparatore”, mentre sulla sinistra la \\\”Gloria di San Gregorio Magno”.

Opere di Pietro Novelli

Il sommo Monrealese, lascia all’interno di San Matteo due opere della maturità, di cui una delle due, posizionata nella quarta cappella entrando da sinistra, è l’ultima della sua produzione: “Lo sposalizio mistico della Vergine”, datato 1647, è infatti l’ultima tela realizzata prima della morte dell’artista, avvenuta proprio nello stesso anno.
L’iconografia è assolutamente innovativa: vi si scorge Sant’Anna al centro della composizione, una vera e propria sacerdotessa, tra i due sposi, Maria e Giuseppe. Maria è una ragazzina, il volto è irradiato di luce di tipica ascendenza caravaggesca, che mette in risalto le braccia incrociate sul petto, segno che l’Angelo le ha già portato l’Annuncio, e le pieghe della veste, dalle quali notiamo che è già incinta, e dunque Immacolata. All’estrema sinistra San Giuseppe, con lo sguardo rivolto lontano, sembra quasi assorto, rapito da ciò che da lì a poco si compirà. Sulla destra invece, un personaggio fa capolino da una struttura architettonica che fa da sfondo alla composizione: probabilmente un autoritratto dello stesso Novelli.
Speculare a quest’opera, posizionata nella quarta cappella entrando in chiesa da destra, abbiamo “La presentazione di Gesù al tempio”, che originariamente era destinata ad una cappella dell’Oratorio del Sabato, all’interno del complesso della Chiesa del Gesù a Palermo.
Al centro della scena, la Vergine, il Bambino tra le braccia del pio Simeone e un chierico che regge una fiaccola: la lezione del Caravaggio è pienamente assimilata, luci e ombre sono bilanciate in maniera perfetta, così come il colorismo profuso che ricorda quello del Van Dyck, concittadino palermitano tra il 1624 e il 1625 alla corte di Sofonisba Anguissola, che probabilmente Novelli ebbe modo di incontrare.

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