Probabilmente tra i resti dell\\\’antico quartiere ebraico di Palermo: il Miqweh, bagno rituale di purificazione, in cui ancora scorrono le acque del fiume Kemonia
di Federica Formisano
In fondo all\\\’articolo, la galleria di foto del bagno ebraico di Palazzo Marchesi, di Vincenzo Russo
Palermo è stata definita il maggior centro di vita ebraica di tutta Italia; la città, infatti, ha ospitato fin dal VI secolo una fervente comunità (Aljama), capace di fondersi con la cultura araba dominante e di assimilarne persino la lingua. Basti pensare infatti all’antica Sinagoga, lungo la via Calderai, denominata “Moschita” in continuità con il luogo di culto precedentemente islamico.
Gli ebrei palermitani, stabilitisi prevalentemente nel quartiere della Giudecca, erano abili falegnami, argentieri, vasai e fabbri, tuttavia era nella lavorazione del corallo e della seta che si ponevano in una posizione di quasi monopolio, fino all’espulsione dalla Sicilia, avvenuta nel 1492, per volontà dei regnanti di Spagna Ferdinando d’Aragona ed Isabella di Castiglia.
Tra i luoghi frequentati dalla comunità ebraica del tempo possiamo dunque citare la sinagoga, poi sostituita dalla Chiesa di San Nicolò da Tolentino, l\\\’ospedale, il macello o “kosher” (dove si presume fu realizzato per la prima volta il pane \\\”ca meusa\\\”), il cimitero, poi trasferito fuori le mura, ed il bagno rituale o “Miqweh”.
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Una comunità ebraica può infatti fare a meno di una sinagoga (qualunque stanza può all\\\’occorrenza diventarlo) ma non di un bagno rituale.
Nel caso di Palermo si può addirittura parlare di due bagni rituali, uno era situato alle spalle della Sinagoga sotto il cortile di Palazzo Marchesi e il secondo è stato ritrovato sotto il chiostro di Casa Professa. Quest’ultimo è stato oggetto degli studi di David Cassuto e Nicolò Bucaria, rinomati esperti di cultura ebraica, dopo il rinvenimento di un ambiente ipogeo frutto dell’opera di erosione del Kemonia, di forma quadrangolare circondato da sedili scavati nella roccia. Scendendo ad un livello inferiore si trova un’ampia vasca con gradini degradanti identificata con il bagno vero e proprio.
Secondo le Scritture, l’immersione in acqua era necessaria per riacquistare la purità rituale e dunque poter accedere al luogo di culto. Era consuetudine inoltre che le donne si immergessero totalmente dopo mestruazioni o parto, che fossero immerse nuove stoviglie e posate prima di consumare i pasti (sono stati infatti ritrovati frammenti di ceramica sul fondo della vasca), e che si accostassero al bagno anche coloro i quali dovevano essere convertiti. L’acqua che alimentava la vasca, che doveva essere assolutamente pura, proveniva dalla falda formatasi per le infiltrazioni causate dal fiume Kemonia.
L’identificazione dell’ambiente con un miqweh proposta da Bucaria e Cassuto è stata oggetto di dibattito (si riteneva che fosse un luogo di sepoltura bizantino o una camera dello scirocco), ma è certo che si tratta di un ritrovamento di grandissimo interesse storico e culturale, dal momento che è ancora oggi difficile ricostruire interamente la presenza degli ebrei nel territorio della città.
Il Miqweh, bagno ebraico di Palazzo Marchesi, può essere visitato durante il nostro itinerario turistico a Palermo:
– PALERMO EBRAICA
Foto del bagno ebraico di Palazzo Marchesi di Vincenzo Russo
Bibliografia: Italia Judaica “Palermo”; UCEI “Sicilia ebraica”; Alessandra Musco, Il Bagno Ebraico di Palermo: addendum a «Schede Medievali» 47/2009; Nicola Stanzione; la Repubblica.