Dal Dopoguerra agli anni Settanta: come l\\\’arte di arrangiarsi ha dato origine alla passione per l’antiquariato.
La storia del Mercato delle Pulci di Palermo attraverso tre generazioni.
Nacque all\\\’indomani dell\\\’ultimo conflitto come mercatino spontaneo, prodotto di una microeconomia postbellica povera e sparagnina, in cui nulla era scartato, ma riciclato e riutilizzato. Si teneva quotidianamente nell\\\’area che di lì a qualche anno avrebbe visto sorgere il complesso del Palazzo di Giustizia, risultata dalla demolizione del bastione di Aragona.
Vi si poteva trovare di tutto, ma principalmente ricambi di motori provenienti da residuati bellici, pezzi di biciclette, valvole di radio, ricambi di lampadari, scarpe usate (denominate con termine pittoresco squasature), abiti smessi e quant\\\’altro potesse essere oggetto di mercato, il più delle volte proveniente dalla ricerca notturna tra i rifiuti.
Molti lettori ricorderanno sicuramente, nelle prime ore del mattino, i numerosi carrettini trainati quasi sempre a mano, che battevano periodicamente le vie del vecchio centro alla ricerca di mobili e oggetti vecchi, rottami metallici, lana di materasso, stracci, che confluivano tutti al mercatino, alla fine della giornata, carichi di quanto reperito.
Anche le vampe di San Giuseppe erano fonte preziosa di approvvigionamento: nei giorni che precedevano il 19 marzo c\\\’era chi sistematicamente faceva il giro delle piazze ove si allestivano le cataste, riscattando con qualche spicciolo, dai ragazzini messi a guardia, pezzi a volte interessanti.
Soltanto in un secondo tempo al mercato si cominciarono a trovare i primi oggetti \\\”antichi\\\”, provenienti dalle macerie dei palazzi nobiliari bombardati del centro storico, che erano stati abbandonati frettolosamente dai proprietari, sfollati nelle loro campagne.
Le prime baracche a piazza Domenico Peranni
Successivamente, dovendo iniziare i lavori di costruzione del Palazzo di Giustizia, il mercato si trasferì nell\\\’area a ridosso della caserma dei carabinieri, in piazza Domenico Peranni, tra gli alberi di ippocastano, sempre con caratteristiche precarie, con la mercanzia posta alla rinfusa, per terra.
Vennero quindi innalzate le prime baracche, realizzate con materiale di risulta e addossate ai tronchi degli alberi, i quali, oltre a fungere da struttura postante, offrivano ombra e frescura nelle lunghe e calde estati palermitane.
Durante l\\\’inverno il riscaldamento era fornito da improvvisati bracieri, nei quali finirono in fumo innumerevoli pezzi di gran pregio non ritenuti meritevoli di restauro, dato l\\\’alto costo che questo ha sempre avuto. Per le inevitabili necessità fisiologiche ci si arrangiava come si poteva: un angolo riparato della baracca fungeva alla bisogna, e non mancavano i recipienti con l\\\’abbondanza che c\\\’era di càntari di Caltagirone.
L\\\’orario era continuato, e non si chiudeva per il pranzo: a mezzogiorno dalle case arrivavano i fangotti, avvolti nella mappina a quadretti, ricolmi di trionfali paste al sugo, e annaffiati dall\\\’immancabile quartino di vino \\\”di quello giusto\\\”. Ancor oggi la maggior parte delle baracche chiuj putìa intorno alle 17:30/18, un po\\\’ più tardi durante l\\\’estate, e ciò probabilmente per antica consuetudine originata nei primi anni di vita del mercato, quando queste non erano dotate di luce elettrica, e l\\\’unica disponibile era quella del giorno.
Generazioni di palermitani si sono accostati alle delizie dell\\\’antiquariato attraverso la frequentazione assidua del mercato delle pulci, o meglio \\\”ru Pipiritu\\\”, dove, negli anni 50 e 60 del secolo appena trascorso, era possibile trovare pezzi di gran pregio spendendo cifre irrisorie.
Storie e leggende sul Mercato delle Pulci
Si parla ancora di un noto imprenditore palermitano che mise assieme una splendida raccolta di pitture su vetro, acquistando i vetri dipinti che gli anticari smontavano dalle cornici a guantiera o da quelle a mezza canna e che, ritenuti di valore irrilevante rispetto alle suddette cornici, erano svenduti per poche lire, quando non vandalicamente frantumati. E che dire di un presepe del Matera passato di mano al prezzo di 5.000 lire a pastore? Ed ancora si favoleggia di una Madonna di Raffaello venduta alla luce sotto quella che sembrava una crosta di scarso valore.
Il momento di maggiore vitalità del Mercato delle Pulci
Tra il 1960 e il 1970: in quegli anni di urbanizzazione selvaggia e scempi edilizi furono molti i palermitani che abbandonarono il vecchio centro per i nuovi quartieri dormitorio, arredando le dimore secondo i moderni dettami dello \\\”stile svedese\\\”, caratterizzato da lugubri profilati in metallo nero accostati a tristi ripiani in formica, e dismettendo i solidi e rassicuranti mobili Luigi Filippo della nonna, i quali finirono ingloriosamente nelle baracche del Mercato.
Intanto alcuni anticari ebbero l\\\’intuizione di girare per i paesi dell\\\’isola alla ricerca di mobili siciliani, apprezzati allora solo da pochi colti estimatori. Non c\\\’era paese ove non vi fosse un referente di questo o quel commerciante del Mercato che batteva anche le campagne alla ricerca di pezzi interessanti. Questi arrivavano in gran copia, e chi ha avuto la lungimiranza di iniziare a raccogliere antiquariato in quegli anni, si è assicurato il possesso di pezzi di notevole interesse con una spesa minima. Anche questa fonte, come facilmente prevedibile, nel volgere di pochi anni si esaurì, sia per la naturale rarefazione dei pezzi dispobinili, che per il mutato clima culturale: la passione per l\\\’antiquariato conquistava ogni giorno nuovi proseliti, e tutto ciò che apparteneva al passato non era più considerato ciarpame di cui liberarsi.
A questo punto era necessario trovare nuovi canali. Ci si rivolse all\\\’estero, soprattutto in France e in Inghilterra, ove tuttora il mobile ecclettico dell\\\’ultimo scorcio dell\\\’ottocento non è considerato antiquariato e lo si acquista pertanto a buon prezzo. Così vagoni di mobili inglesi e francesi, peraltro di buon legno e di discreta realizzazione (già di tipo industriale) presero la direzione della Sicilia per arredare gli appartamenti dei nuovi palermitani.
Non pochi furono gli antiquari che presero l\\\’avvio da una baracca al mercatino, e con gli anni nelle vicinanze si aprirono le prime vetrine qualificate in botteghe, affiancate da laboratori di ebanisti, restauratori, bronzisti, doratori, trasportatori, e quant\\\’altro attinente al campo dell\\\’antiquariato, stimolando un indotto dalle implicazioni economiche non indifferenti.
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Il Mercato delle Pulci, oggi
A noi palermitani il Mercato delle Pulci piace com\\\’è e dov\\\’è, col suo fascino un po clochard dei luoghi polverosi dove il tempo pare essersi fermato.
Auspicabile sarebbe l\\\’intervento delle autorità competenti per una campagna di valorizzazione volta alla salvaguardia e alla tutela di uno dei luoghi più suggestivi della nostra città, e che ben meriterebbe un inserimento nei circuiti turistici, quale luogo di interesse culturale
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Fonte: articolo di Antonio Aurelio Piazza, rivista PER, n.12 maggio-agosto 2005 edito dalla Fondazione Salvare Palermo